sabato 9 marzo 2013

Aloe




Famiglia: Gigliacee 
Origine: isola di Socotra
I primi documenti conosciuti sulle piante medicinali, tra cui il famoso “Papiro Ebers” del XVI sec. a.C., parlano già delle virtù curative dell’aloe. I Greci usavano Aloe succotrina come lassativo e purgante; la pianta è originaria di Socotra, un’isola a sud dell’Arabia, nel prolungamento del “corno” d’Africa. Ippocrate racconta che si bruciava l’aloe sulle pubbliche piazze quando si diffondeva la peste.
Il genere Aloe conta più di 200 specie di piante grasse, per la maggior parte originarie dell’Africa australe dove si trovano in abbondanza nelle regioni calde e desertiche del Capo. Ne esistono anche in Madagascar e in qualche zona dell’Asia e dell’Europa, sui pendii rocciosi e assolati. La specie vulgaris è coltivata ai nostri giorni, così come molti ibridi, non solo in tutto il bacino del Mediterraneo, ma anche nel Nuovo Mondo, dal Messico al Perù alle Antille.
Secondo la specie, la taglia dell’aloe varia da 20 cm a parecchi metri: Aloe arborescens, detta “corna d’ariete” può superare i 4 metri d’altezza nel suo paese d’origine, l’Africa meridionale.
Le foglie dell’aloe sono grandi, allungate, carnose e spinose. Un tempo (e spesso ancor oggi) si incidevano e si mettevano in recipienti per raccoglierne il succo resinoso di colore scuro e di sapore amaro che, in seguito, veniva depurato in caldaie a fuoco lento fino a ottenere una sorta di gelatina che veniva messa in contenitori dì carta dove si condensava e si essiccava al sole. Veniva venduta sotto forma di polvere. I fiori di aloe sono tubulari e, a seconda della specie, il loro colore varia da porpora a rosso scarlatto ad arancio o rosso chiaro. Sbocciano in primavera e in estate. Abbiamo già parlato delle proprietà lassative, stomachiche e, a forti dosi, purgative dell’aloe, tuttavia la pianta è indicata anche contro la costipazione cronica ed entra nella formula di molte specialità dimagranti. Per uso esterno è infine un buon cicatrizzante da applicare su piaghe e scottature.
Generalmente si prende l’aloe sottoforma di pillole, di compresse o di tintura. La dose massima per un adulto è di 0,3 g al giorno, presi la sera. Non si deve prendere in caso di gravidanza o di emorroidi e deve essere evitato con cura il superdosaggio.

Agrifoglio



Famiglia: Aquifoliacee
Origine: Europa, bacino del Mediterraneo
L’agrifoglio che si vede a Natale è uno degli arbusti più resistenti e più coltivati al mondo. Ne esistono circa 400 specie arbustive o arboree, di cui alcune a foglia caduca; sono coltivate come piante ornamentali da molto tempo e al giorno d’oggi il numero degli ibridi e delle varietà ha largamente superato quello delle specie. Le nuove cultivar derivano quasi tutte, dall’agrifoglio comune, Iaquifolium, e dai suoi ibridi. L’agrifoglio illustrato su questa scheda è una cultivar della specie comune, che nasce spontaneamente in quasi tutta l’Europa, nell’Africa settentrionale e nell’Asia occidentale. Allo stato spontaneo e in una zona favorevole, l’agrifoglio può crescere fino a 20 m di altezza. Coltivato come arbusto, non supera i 4-5 m. E’ una pianta dioica (un piede porta fiori maschili, un altro fiori femminili) dalle foglie persistenti, dure, appena picciolate, ovali o ellittiche e dai bordi spinosi. A differenza della cultivar qui illustrata, le foglie dell’agrifoglio comune sono verde scuro, lucide, come verniciate. I fiori, bianchi e odorosi, sono riuniti in mazzetti all’ascella delle foglie e sbocciano verso la fine dell’estate; in autunno la pianta femminile si copre di frutti decorativi rossi o gialli secondo la varietà. In I. aquifolium, i frutti caratteristici restano sulla pianta tutto l’inverno. L’agrifoglio può anche essere coltivato in vaso.
Cure: sopporta perfettamente la potatura quando è necessaria.
Esposizione: dalla mezz’ombra al sole pieno. Nelle regioni fredde, sempre in pieno sole.
Temperatura: sopporta un clima variabile, ma soffre il freddo troppo intenso.
Annaffiatura: circa 2 alla settimana.
Riproduzione: per seme, in autunno o all’inizio della primavera. Anche per talea alla fine dell’inverno.
Terreno: l’agrifoglio preferisce terreni acidi, leggeri, ricchi di humus, che restino freschi d’estate. Molto resistente, si adatta però benissimo a qualsiasi suolo, anche o quelli un po’ calcarei.

Acero giapponese




Famiglia: Aceracee
Origine: Giappone
Gli arbusti della famiglia Aceracee, tra cui il più popolare è Acer palmatum, sono molto importanti nella composizione del giardino. La specie qui illustrata è una cultivar dell’Acer japonicum; per tutto l’arco dell’anno porta foglie lobate di color giallo dorato che formano una chioma delicata, diffusa, a strati orizzontali, molto decorativa. Si tratta di un alberello che cresce lentamente e non supera mai i 5 metri di altezza.
Esposizione: l’ideale è un luogo ombroso. In pieno sole le sue foglie delicate si bruciano e il loro meraviglioso colore vira al bruno; inoltre bisogna collocarlo al riparo dal vento.
Temperatura: si adatta bene a qualsiasi temperatura, purché vi sia un certo tasso di umidità atmosferica.
Annaffiatura: se la primavera è secca necessita di Annaffiatura frequenti.
Innaffiare abbondantemente possibilmente con acqua piovana poiché si tratta del periodo dell’anno di massima vegetazione.
In estate spruzzare le foglie alla sera per mantenere una buona umidità notturna e completare con una annaffiatura al piede.
Riproduzione: facile, per innesto realizzato in vivaio. Gli amatori acquistano sempre arbusti innestati.
Terreno: necessita di terreno acido e non tollera i terreni calcarei. La terra di brughiera è la più indicata oppure la terra di bosco a ph acido. Di tanto in tanto occorre fertilizzare con un prodotto a base di potassio e azoto.
Cultivar: oltre alla “Aureum” qui descritta, ricordiamo la “Vitifolium”, dalle ampie foglie a 10-12 lobi disposti a ventaglio e la “Aconitifolium” con foglie profondamente e finemente incise, che danno alla chioma un aspetto vaporoso di grande effetto. Queste due cultivar in autunno si rivestono di un rosso intenso.

Acanto



Famiglia: Acantacee
Origini: bacino del Mediterraneo
Un’antica leggenda narra che lo scultore greco Callimaco, mentre passeggiava dopo un’intensa giornata di lavoro, scoprì, sulla tomba di pietra di un bambino, una pianta di acanto che cresceva tutta avvolta intorno a un piccolo paniere di offerte votive. In seguito questa poetica immagine gli avrebbe ispirato il ben noto fregio dei capitelli dell’architettura corinzia: un piccolo cesto scolpito, dall’interno del quale escono foglie d’acanto in tre ranghi sovrapposti.
L’acanto cresce spontaneo nelle regioni meridionali; è una pianta erbacea di grosse dimensioni, originaria delle steppe dell’Africa e dell’Asia, ma naturalizzato fin dall’antichità nei giardini dei paesi affacciati sul Mediterraneo.
L’acanto è caratterizzato dalle sue foglie molto decorative, lunghe, ampie, dentellate, armoniose come se fossero state disegnate dalla mano di un artista. Talvolta sono coperte di peli setosi e, grazie al loro colore verde scuro, formano alla base della pianta una rosetta di grande effetto. Lungo il fusto, compaiono qua e là fitti ciuffi di piccole foglie appressate, disposte a spiga, simili a una sorta di spine molli (il vocabolo greco “akanta” significa per l’appunto “spina”) dalle quali spuntano fiori dalla corolla bianca, privi di peduncolo. Fiorisce in maggio-giugno. I frutti sono capsule che si aprono a maturità e lanciano lontano i sermi.
Utilizzazione: l’infuso di foglie o di fiori stimola l’appetito, coadiuva la funzione del fegato e regolarizza la digestione. Ben tritate e macerate in acqua fredda, le foglie si possono applicare sulle ferite infiammate per ottenere effetto calmante e cicatrizzante. Infine possono essere bollite per preparare bagni emollienti contro duroni e verruche.

Abete del Colorado



Famiglia: Pinacee
Origine: Stati Uniti sudorientali
Il genere Abies raggruppa una quarantina di specie proprie delle regioni umide e montuose dell’emisfero boreale. Malgrado una certa somiglianza con i pini, gli abeti presentano numerosi caratteri generali tipici. Una volta seccati, i rami mantengono generalmente gli aghi, mentre nei pini si staccano. Infine negli abeti le pigne, giunte a maturazione, si disfano direttamente sui rami lasciando solo il supporto verticale, mentre nei pini cadono al suolo intere quando sono mature.
L’abete del Colorado è un albero vigoroso, dal portamento superbo, slanciato e piramidale. Raggiunge i 1 2-15 metri di altezza nella sua regione d’origine, compresa fra il Nuovo Messico e l’Oregon, e soprattutto nelle Montagne Rocciose. Questo albero deve il suo nome specifico concolor, che significa “di colore uniforme”, al fatto che i suoi aghi hanno lo stesso colore grigio azzurrognolo sia sulla pagina superiore sia su quella inferiore. Gli aghi, che con la vecchiaia virano al verde grigiastro, sono leggermente più lunghi che negli altri abeti (fra i 5 e i 7 cm). Si tratta di una specie ben adattata ai climi marini purché la si ripari dal vento carico di salsedine con frangivento naturali, per esempio siepi di cipressi o collinette. Resiste bene all’aria fumosa delle città, ma perde un po’ del suo bel grigio azzurrato.
Riproduzione: per seme in vivaio a primavera. Gli amenti femminili danno pigne di grandezza media (al massimo 10 cm di lunghezza per 4 di diametro) verdi o violacee, che diventano rosse a maturità, con squame senza ornamentazioni strettamente appressate.
Cure: non tollera il calcare. Cresce bene in terreno fresco, leggero, ricco di humus; resiste bene all’aridità. Nei nostri climi cresce rapidamente. E’ sensibile agli attacchi della cocciniglia lanosa e della cocciniglia a scudo che possono essere combattute con insetticidi sistemici.
Cultivar: fra le più diffuse si possono citare: “Candicans grandis” (aghi blu pallido, biancheggianti come se fossero coperti di brina), “Glauca” (aghi più verdi), “Violacea” (aghi grigio pallido, pigne verde-azzurrognolo molto intenso).